Desirée Piovanelli, 14 anni, era sparita sabato/ E' stata uccisa con quattro coltellate

Ragazza assassinata a Brescia / In carcere amico sedicenne

Il ragazzo, vicino di casa, frequentava da anni la vittima / Una frase all'origine della tragedia: "Non sei normale"

BRESCIA (4 ottobre 2002) - L'hanno trovata a pochi metri da casa. Senza vita. Uccisa con quattro coltellate: due mortali, alla schiena e all'addome, una al collo e una in una gamba. In una cascina abbandonata a un centinaio di metri dalla sua abitazione. L'assassino sarebbe un ragazzo di 16 anni, N. B. che avrebbe già confessato il delitto. Nel pomeriggio è stato posto in stato di fermo e trasferito all'Istituto di detenzione minorile "Beccaria" di Milano. Si è risolto così, tragicamente, il mistero della scomparsa di Desirée Piovanelli, la 14enne di Leno in provincia di Brescia. La ragazza era sparita sabato scorso. Da allora erano cominciate le ricerche e gli interrogatori.

Il corpo di Desirée è stato trovato a pochi metri dalla cascina abbandonata situata in fondo a via Emilia Romagna, la stessa via in cui la ragazza abitava con la famiglia. Il cadavere, nudo, era tra le canne, poco lontano da una roggia. I carabinieri hanno prosciugato il canale per l'irrigazione in cerca dell'arma da taglio usata per il delitto, arma che fino a questo momento non è stata trovata. Il procuratore di Brescia, Giancarlo Tarquini, dopo il sopralluogo nel cascinale in cui è stato trovato il corpo della ragazza ha parlato di "efferatezza" per quanto riguarda la dinamica del delitto.

Il 16enne N.B., fermato per l'omicidio di Desirée, è un suo vicino di casa. Le due famiglie abitano a pochi numeri di distanza l'una dall'altra. I due ragazzi erano amici, hanno frequentato la stessa scuola media e alle elementari venivano accompagnati a scuola dalla madre di lei di lui. Ora lui fa il muratore come il padre. Sabato, avrebbe raccontato il ragazzo in una lunga confessione, ha dato appuntamento a Desirée in un cascinale e le ha chiesto di diventare la sua migliore amica. Ma la ragazza, che ha un fidanzato, avrebbe risposto: "Ma tu non sei normale". Una risposta sgarbata, non calcolata, che nel giovane davanti a lei ha scatenato la furia omicida e quindi una colluttazione.

Il coltello con il quale N. ha colpito e ucciso, secondo la confessione del giovane, l'aveva portato con sé la stessa Desirée. Dopo quella risposta "sbagliata", N.B. l'avrebbe aggredita, e lei avrebbe reagito impugnando il coltello. Di qui la colluttazione, nella quale N. è riuscito a disarmare Desirée per poi colpirla con una prima coltellata all'addome. Lei ha cercato di fuggire da una finestra, ma è stata inseguita e quindi colpita ancora alla schiena.

A tradire N.B. sarebbe stato un messaggio che domenica mattina il ragazzo ha mandato, con una sua sim card, da una cabina pubblica, al fratello di Desirée. "Non preoccuparti, Desirée è con Tony" (il fidanzato della giovane uccisa). In questo modo gli investigatori sono risaliti a lui, e la notte scorsa il ragazzo è stato convocato nella caserma dei carabinieri a Verolanuova dove, dopo aver inizialmente negato, ha confessato di aver ucciso Desirée Piovanelli.

"La ragazza è stata uccisa a colpi di coltello. Nel luogo dove è stata trovata - dice Tarquini - Stiamo verificando se c'è stata violenza". Sul fatto se vi siano dei complici il procuratore capo di Brescia taglia corto: "Dobbiamo capire se il tutto è riferibile a una sola persona o più persone. Questo è ancora da chiarire".


La ragazza prigioniera per ore del "branco"

Desirèe "processata" prima di essere uccisa

C'è un altro ragazzo sospettato per l'assassinio di Desy. Il quarto del branco. Figlio di un artigiano, minorenne anche lui, come i tre fermati. Un loro amico. Gli inquirenti l'hanno interrogato a lungo ieri sera. Il suo alibi, che sembrava solido, non ha retto. E' il ragazzo che un alibi l'aveva fornito a Nicola V., uno dei tre fermati, che aveva detto che sabato pomeriggio era con lui, a casa, a giocare alla play station. "Ha mentito - dicono - sugli orari di quella giornata, e sugli incontri con gli altri ragazzi". Non solo. I carabinieri stanno interrogando altri giovani del paese. Nuovi fermi sarebbero in arrivo. E si indaga anche nei confronti di un adulto che avrebbe "coperto" il branco.

Si allarga il cerchio, invece di stringersi, intorno al delitto di cui sono accusati due muratori sedicenni di Leno, Nicola B. e Nicola V., e uno studente di quattordici, Mattia F. Un delitto atroce, con la ragazza quattordicenne tenuta "prigioniera" per tutto il pomeriggio nelle vecchia e diroccata cascina Ermengarda e "processata" per ore dal branco, legata e sotto la minaccia di un coltello. Perché li ignorava, perché si era staccata da loro e perché non voleva soddisfare le loro pretese sessuali: "Ti uccidiamo se non fai anche a noi quelle cosine che fai agli altri". Richieste che Desy ha rifiutato decisamente, ribellandosi, lottando, scappando al piano di sotto dopo la prima coltellata all'addome, riportata di sopra e di nuovo colpita, alla schiena.

I risultati dell'autopsia hanno spostato in avanti l'ora del delitto. Non più alle tre del pomeriggio, quando Desy arriva alla cascina chiamata da Nicola B. dopo una lunga e faticosa conversazione fatta di messaggini sul telefonino (la ragazza gliene manda ben sette fra le 14 e le 15), ma parecchie ore più tardi, "verso sera", con un ultimo fendente, alla gola. Questo fa crollare tutti gli alibi: per primo quello di Mattia, che nella fase iniziale delle indagini si era salvato perché nel pomeriggio era andato a giocare a calcio, e poi quello di molti altri ragazzi che si erano incontrati con i tre fermati la sera dopo il delitto al bar Trocol. E apre un nuovo, inquietante, scenario: almeno 3-4 ore di "processo del branco" alla piccola Desy, nel chiuso di quella lurida stanzetta al primo piano della cascina, prima di ucciderla e di star lì, come inebetiti da qualche sostanza, a guardarla morire. Desy è morta dissanguata.

La sua agonia, secondo i medici legali, è durata almeno un'ora. Quelli del branco avevano deciso di "processare" Desy e di "darle una lezione" perché lei non voleva stare con Nicola B. e non degnava il suo gruppo di uno sguardo. Perché preferiva altri, perché si era staccata dal branco dopo che si era fidanzata con Toni, un diciassettenne di Ostiana, muratore anche lui.

E poi il branco ascoltava e credeva alle voci di paese, quelle che dicevano che Desy, che Marika, che Patty, che altre ragazze andavano a spassarsela in quel casolare con altri ragazzi, anche adulti, che "facevano delle cose" e che "fumavano l'erba". Loro erano tagliati fuori. Per questo volevano costringere Desy a soddisfare anche loro. Avevano anche stabilito a chi toccava per primo: Nicola B., poi Nicola V., ultimo Mattia. Per questo l'hanno uccisa. Ma Nicola B. dice di "non aver usato delle droghe" quando ha ucciso. Mattia, piangendo, nella sua confessione ha detto che solo Nicola B. ha colpito Desy a coltellate, mentre lui, arrivato al casolare che Desy era già legata, la teneva ferma insieme a Nicola V.

Una deposizione incerta, contraddittoria, prima resa, poi ritrattata, infine confermata. I tre ragazzi hanno dato tre versioni diverse del delitto. "Contrastanti", dice Stefano Ricci, legale di Nicola B., il cui equilibrio mentale sembra precario: "Non ti lasceremo solo", gli hanno scritto in carcere i genitori. "Ci sono ancora molte cose da chiarire - aggiunge uno degli investigatori - il caso non è chiuso". A cominciare dalla posizione dei due ultimi fermati, Mattia F. e Nicola V., per i quali oggi il tribunale dei minori dovrà decidere la convalida del fermo. Ma soprattutto si dovrà chiarire se c'era un quarto assassino, e se un adulto li ha aiutati.

Per questo ci sono due indagini parallele, della procura dei minori e della procura della Repubblica. Due procure entrate in conflitto, che si accusano a vicenda di interferenze indebite: la procura generale di Brescia ha pertanto chiesto un "rapporto" sulla conduzione delle indagini.

(9 ottobre 2002)


L'agguato alla ragazza è stato preparato due giorni prima del delitto. Interrogati nella notte alcuni adulti

"Studiato a freddo l'omicidio di Desirée"

La piccola Desy è stata uccisa dal branco con un piano "premeditato, lucido e freddo", messo a punto in una riunione "segreta" tenuta a Leno due giorni prima del delitto, in cui i tre giovani si erano divisi i compiti e avevano stretto una sorta di "patto di sangue". Avevano fatto anche un sopralluogo alla vecchia cascina Ermengarda dove Desy è stata tenuta "prigioniera" tutto il pomeriggio sotto la minaccia di un coltello e infine massacrata, per decidere dove avrebbero dovuto appostarsi e agire. Alla fine, quando si erano lasciati, dopo essere andati al bar dove avevano brindato, augurandosi il "successo" dell'impresa", Nicola B. aveva ammonito gli altri: "E mi raccomando, non mancate! L'appuntamento è per sabato pomeriggio, ricordatevene".

Ma non sarebbero stati da soli. Gli inquirenti hanno il sospetto che un'altra persona del paese, un adulto, comunque un maggiorenne, abbia progettato il delitto insieme al terzetto di balordi e vi abbia anche "attivamente partecipato". Alcuni uomini del paese sono stati interrogati nella notte. "Il cerchio, al momento, non è chiuso, e le indagini sono ancora in corso", dice il gip del tribunale dei minori Laura D'Urbino, che ieri ha convalidato il fermo di Mattia F. e di Nicola V. detto Nico, i due ragazzi indagati, dopo Nicola B., per concorso in omicidio volontario premeditato e aggravato da futili motivi. Il giudice ha disposto per entrambi la misura cautelare in carcere - al "Beccaria" di Milano, come Nicola B. - non solo per il pericolo di fuga, di inquinamento delle prove e la loro "pericolosità sociale", ma anche per la necessità di fornire loro un "sostegno psicologico" che in un paese diventato ostile non avrebbero.

Il sospetto che ci sia un altro complice deriva agli inquirenti da "alcune allusioni e mezze ammissioni" fatte dal più piccolo del gruppo, il quattordicenne Mattia, quello che ha reso una confessione più ampia di quella di Nicola B. (Nico, il "duro", invece ha negato tutto), e anche "da alcune cose che lui non ha detto". I tre, in sostanza, avrebbero paura di tirare in ballo esplicitamente il più grande del branco. Stamane Mattia verrà interrogato di nuovo. Gli inquirenti sperano che li aiuti ad arrivare a quel nome. Per questo l'inchiesta continua febbrile, giorno e notte, sia da parte del colonnello dei carabinieri Carmine Adinolfi, che da parte del sostituto della procura dei "maggiori", Laura Bonardi.

Difatti in questa inchiesta, parallela a quella della procura minorile, con carabinieri giovanissimi travestiti da ragazzini che si intrufolano nei bar a cercare confidenze, si cerca un uomo. Anche ieri alcuni adulti di Leno sono stati interrogati fino alle tre del mattino alla caserma dei carabinieri di Verolanuova. E' stato sentito anche il ragazzo, maggiorenne, che aveva detto che il pomeriggio del delitto era con Nico a casa a giocare alla playstation. Un alibi "orario" che non ha convinto il gip, perché "copre" Nico solo fino alle quattro del pomeriggio, mentre Desy sarebbe morta dopo, tra le 16 e le 20. Inoltre Nico, quando l'hanno fermato, lunedì mattina, aveva addosso delle scarpe nere da basket, sulle quali sono state trovate delle macchie sospette. Di sangue. L'esame del dna dirà se è quello di Desy.

Per violentare e uccidere quella ragazzina carina "che in paese piaceva a molti, anche agli adulti", e che i tre pensavano fosse "un tipo allegro, disponibile", ma che invece non li guardava proprio, quelli del branco avevano organizzato un agguato vero e proprio. Dividendosi i compiti. Nicola B. doveva convincere Desy ad andare alla cascina, comperare il coltello, e violentarla per primo mentre Nico e Mattia la tenevano ferma e con le mani sulla bocca per non farla gridare. Mattia doveva portare, dall'officina del padre, delle fascette di plastica per legarla. Ne avrebbe abusato per ultimo. Nico doveva stare nascosto in uno sgabuzzino al primo piano per sorprenderla e legarla. L'avrebbe violentata per secondo. Poi l'avrebbero uccisa. Il giorno dopo il delitto, il terzetto torna alla cascina e prepara la seconda parte del piano: depistaggio, sezionamento del cadavere, trasporto nel bosco e seppellimento in un fosso. Ma non trovano la motosega per tagliare il corpo e il messaggino al cellulare del fratello di Desy tradisce Nicola.

(11 ottobre 2002)


Ecco come gli inquirenti sono arrivati all'uomo arrestato ieri notte
Il ragazzo: "Gli piaceva Desirée". L'operaio si difende

Leno, il racconto di Mattia e le contraddizioni di Erra

In una lettera della ragazza un riferimento al vicino di casa
"Gli piaccio, è sposato con un figlio. Mi fa paura"


BRESCIA - L'urlo di una moglie che si aggrappa all'innocenza del marito. Il procuratore che chiude il caso giudiziario ma non riesce a trattenere lo sdegno per un "crimine terribile", un fatto che sollecita una riflessione "sui maggiorenni, su di noi, su di tutti". Un paese, Leno, sempre più frastornato per l'omicidio di quella ragazza che aveva come unica colpa essere bella. E una lunga, lenta ricapitolazione di come sono andate le cose, di come Desirée Piovanelli, 14 anni, sia stata portata in quel cascinale, del ruolo dei ragazzi coinvolti e di come, grazie agli interrogatori, sia spuntato il nome dell'adulto che è la chiave di tutto: Giovanni Erra, 36 anni, sposato e padre di un bambino di otto anni, vicino di casa della vittima, arrivato nel paese del bresciano due anni fa.

Come si è arrivati a lui? Mattia, il quattordicenne coinvolto, durante l'udienza di convalida del fermo, davanti al gip dei minori, Laura D'Urbino, ancora sostiene che lui, Nicola e Nico erano soli, ma di aver sentito, mentre se ne andava dal cascinale, "la voce di un'altra persona maggiorenne". Il gip tenta il tutto per tutto in un'unica domanda: "Ti ricordi come si chiama questa persona?'. "Giovanni Erra... Abita di fronte a Desiree", è la risposta. E' fatta.

Mattia però fa un passo indietro: "Ho sentito solo la voce...". Nega di frequentare Erra, anche se è a conoscenza dell'attrazione che l'operaio aveva per Desirée: a detta dell'uomo in parte ricambiata. "Diceva che era una ragazza molto carina, quelle cose lì, che era una ragazza molto attraente...".

Poi la svolta: "Che cosa diceva quella voce?". "Non mi ricordo adesso. Comunque, ha detto qualcosa che riguarda il fatto". Mattia, a questo punto, cerca di ridimensionare la sua affermazione: "Non ho detto che era la voce di Erra, mi sembrava un po' la voce che aveva lui".

I carabinieri, invece, sanno che Erra conosceva bene Desirée e, per questo, era stato interrogato, il giorno dopo la scomparsa della ragazza. In casa di Desiree era stata trovata una lettera. La ragazza scriveva parlando di lui: "Pensa che piaccio anche al mio vicino di casa, che ha 35 anni, è sposato e ha un figlio. Telefona tutti i giorni e io ho paura di lui. Pensa che ha una pistola in casa".

Erra aveva minimizzato davanti ai militari e ricondotto il tutto ad una sorta di scherzosa relazione sentimentale, affermando che Desiree da qualche mese era diventata amica di suo figlio. Aveva confermato di averle fatto vedere la pistola che, però, è regolarmente denunciata e aveva raccontato anche che, il giorno del compleanno di Desirée, le aveva regalato 50 euro. Ma non è solo Mattia a fare il nome dell'operaio. Anche Nicola, il primo ragazzo arrestato, parla di questo rapporto tra l'uomo e Desirée, ma lo fa in termini meno benevoli.

Erra viene riconvocato, viene messo alle strette e allora ammette di sapere qualche cosa. Prima dice di essere andato il giorno dopo la scomparsa di Desiree al cascinale. Era salito al primo piano della cascina Ermengarda e aveva visto il corpo: "Mi sono spaventato e sono scappato". Era andato a cercare di ubriacarsi, per non pensare a quell'immagine spaventosa.

Il pm Silvia Bonardi, però, gli contesta che sa troppi dettagli sul cadavere di Desirée e sul tipo di ferite che aveva la ragazza. Poi lui stesso parla di un suo coltello che Nicola gli aveva chiesto, ma che lui non gli aveva dato. Alla fine dice che il cadavere l'ha visto quel sabato pomeriggio, che prima ricordava male. In questa nuova versione, compaiono Nicola e Nico. E' "per presentimento e curiosità" che sale al primo piano della cascina, "non sono riuscito a vedere bene..., non mi sono avvicinato tanto, era buio".

Questo avviene, secondo il suo racconto, dopo le 17. Sulla scena ci sono, appunto, Nicola e Nico, lui rimane "esterrefatto" dal loro comportamento, perché se ne vanno senza salutarlo. E il coltello? Quel coltello a serramanico che aveva, lui dice di averlo buttato via, "perché ho fatto un paio di risse con dei ragazzi e avevo paura di passare dei guai". Somiglia, comunque, allo stesso coltello "con il manico di legno di colore marrone", di cui parla Mattia come arma dell'omicidio.

Racconti contraddittori, quelli dell'operaio: ci vuole un giorno intero, durante il quale cominciano gli accertamenti scientifici, ma soprattutto ci vuole il cedimento di Mattia.

A Erra viene notificato il provvedimento che lo manda in carcere. E il procuratore Tarquini usa parole durissime per i tre ragazzi e ancor più per l'adulto "che ha pilotato i minori" e "ha avuto un ruolo determinante in un crimine terribile".

"La povera Desiree - dice ancora Tarquini - è stata ingannata per indurla a presentarsi in quella cascina, dove ha trovato i suoi carnefici, dove ha trovato un'orrenda morte, dove ha visto la morte in faccia e ha certamente capito che non poteva sottrarsi a questi criminali".

Domani è atteso l'interrogatorio con il gip Roberto Spanò, che ha firmato l'ordinanza di custodia cautelare e per il quale gli elementi a suo carico sono solidi. Il giudice, per motivare la capacità di Erra di inquinare le prove, cita i condizionamenti subiti da sua moglie perché raccontasse che le telefonate delle settimane precedenti tra lui e Desirée erano, invece, tra la ragazza e suo figlio.

Già, la moglie. Carla Erra l'ha ribadito: "Mio marito è innocente. E' innocente. Io non mi nasconderò e andrò in giro a testa alta. Stanno cercando un capro espiatorio. E' innocente, lo dirò finchè avrò fiato. Perchè tutta questa pubblicità, la notizia prima di avere le prove? Non hanno fatto nemmeno le verifiche sui vestiti. C'è solo la dichiarazione di un ragazzino che non è sicuro. Un ragazzino che avrà visto, sì e no, due volte mio marito in tutta la sua vita".

(12 ottobre 2002)